Siamo, ovviamente, lieti che si parli di riapertura del cinema, a un anno dalla sua scomparsa. Ma dopo aver letto alcuni commenti lo siamo un po’ meno: sia come cittadini che come ex gestori. Come cittadini ci fa senso l’ipotesi, anche solo adombrata, di diventare una succursale ( di Marsciano o altra città fa lo stesso), quando non è mai accaduto e non si capisce perché dovrebbe accadere oggi. Non si capisce, perché ricordiamo ( e qui diventiamo gli ex gestori) che, oltre all’altra ipotesi di Todi Arte, esisteva anche l’offerta fatta da noi a suo tempo. L’abbiamo presentata, all’indomani della chiusura, all’amministrazione comunale appena insediata, ne abbiamo anche data pubblica notizia e qualcuno forse ricorderà.
Era in sostanza un’offerta che prevedeva la piena utilizzazione del Nido dell’Aquila, ora aperto solo pochi giorni all’anno: un’apertura continuativa, sia come cinema ( lo era già stato in passato), sia come sala da concerti. A tale scopo l’Associazione si impegnava a dotare il locale di un pianoforte a coda Kawai da concerto. Se la proposta fosse stata giudicata realizzabile e varata nei tempi giusti (ripetiamo: fu fatta alla fine di giugno) il cinema sarebbe potuto già ripartire da ottobre-novembre 2017. Per chiarezza precisiamo che si chiedeva la gestione ancora per tre anni.
E’ bene dire, chiaro e netto, che non abbiamo avuto né riscontro né risposta e ci troviamo a dover sottolineare non solo un’infrazione al dialogo, ma anche ( e ciò dispiace) una mancanza di riconoscimento (stavamo per dire “ di rispetto”) a chi per trentacinque anni ha assicurato il cinema a questa città, senza usufruire di alcun sostegno economico che non sia stato quello della Curia, quando, per volontà del vescovo Grandoni, confermata da Scanavino, decise di rinunciare alla cifra di affitto. Decisione, come si sa, annullata dal vescovo oggi in carica. Dalle amministrazioni comunali mai nulla. A noi sembra, dunque, che quella attuale, trovatasi oggi a rappresentare quante altre hanno beneficiato per così lungo tempo di un cinema per delega, avrebbe dovuto riconoscere a chi glielo ha assicurato, almeno il diritto alla citazione e degnarlo di una risposta, quale che fosse: ovviamente una risposta motivata e articolata, esattamente come era articolato il progetto. Una risposta e un successivo confronto, da cui sarebbe potuta uscire anche quella risoluzione che ancora non si è trovata. E un’ulteriore domanda: a fronte di una proposta concreta ed articolata, presentata secondo tutti i crismi della legge, non avrebbe dovuto il Comune confrontare progetti e decidere quello più utile ed economico per la comunità?
Associazione Culturale Jacopone
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